| L'ultimo articolo dell'anno scolastico, forse il più intenso di tutti.
La scatola delle emozioni Non ho mai avuto una scatola dei ricordi. Lo ammetto, è colpa di una forma di pigrizia insita in me da tempo immemorabile. Non avendo la pazienza di conservare scontrini, biglietti dell'autobus, del cinema o carte di caramelle, poi mi pento amaramente di non avere che immagini a cui appigliarmi per rivangare il passato. Non posseggo nemmeno una scatola dei sogni, quella dove generalmente le persone amano riporre con cura ogni aspirazione e fiducia nel futuro, né una per le scarpe (cosa che mi ha causato non pochi problemi con Giovanni Muciaccia, che a quanto pare ne era ben provvisto). Ne ho solo una, se si può definire un qualcosa che si possiede. Io la chiamo la scatola delle emozioni. Forse la conoscerete come “cuore” o con qualche altro termine di uso comune, o forse non la conoscete affatto, anche se lo ritengo alquanto improbabile. Tutti dobbiamo confrontarci con essa. Vantiamoci: un tempo avevo una dote meravigliosa. Consisteva nella semplice capacità di prendere ogni sentimento di qualsiasi genere, dalla gioia allo stupore, dallo sconforto all'oppressione, e decidere la sua destinazione. Proprio come se avesse un indirizzo, era sufficiente smistare la posta estera da quella comunale e, in base a ciò, riporlo dentro alla scatola delle emozioni o meno. Forse era una delle ragioni per cui da piccola volevo tanto fare la postina. In questo modo la vita scorreva veloce, perché era tutto perfettamente organizzato secondo i piani previsti, ma soprattutto mi pervadeva una sensazione di controllo. Di quello che facevo, mangiavo, desideravo, perfino di chi ero. Sapevo che in qualsiasi momento, qualsiasi cosa fosse accaduta, sarei stata in grado di mostrare alle persone il lato più controllato di me, per poi sfogare ogni frustrazione sul cuscino in camera, quando in casa non c'era nessuno. Era una delle grandi sicurezze, la colonna portante su cui si basava la mia intera vita, nella sua immensità e piccolezza. Poi, in un attimo, si è sgretolata. Uno spettacolo impietoso, brutale. In quel momento tutto è straripato, travolgendo con crudeltà ogni germoglio che la primavera aveva imposto di far nascere. Le emozioni stridono tra di loro, lottano, e il corpo non è che la vittima di questo strazio, agisce con violenza spinto da una forza che non percepisce nemmeno come propria. E' quel momento che non auguri a nessuno di vivere. E' il contatto con la fine di un'esistenza. E' l'istante in cui la scatola si apre.
Alice
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